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giovedì 30 ottobre 2014

Wu Wei, il Non Agire

La prima posizione della pratica del Qi Gong è il Wu Ji. Nel Wu Ji portiamo il respiro nel Dan Tian, focalizzando la nostra intenzione nella zona del Qi Hai e portando l'attenzione all'interno.Gradualmente ci svuotiamo dai pensieri che ci portano via dalla presenza nel qui e ora e gradualmente, attraverso un respiro che si fa sempre più embrionale, raggiungiamo uno stato simile al Wu Wei, dove tutte le possibilità sono presenti ma nessuna azione è in atto. E' uno stato in cui sperimentiamo uno dei cardini della filosofia Taoista.

Il Wu Wei può essere inteso come un'azione non-duale, che è l'azione in cui non esiste separazione tra il soggetto e l'oggetto.L'azione della non-azione si realizza quando non c'è alcuna differenza tra il sé e il mondo, tra la consapevolezza di un agente che compie l'azione e l'azione oggettiva che è compiuta. L'agire risulta senza sforzo perché l'agente coincide con l'azione stessa.

Il wei wu wei taoista è il rifiuto da una parte di un'azione oggettiva e dall'altra di un soggetto agente; il dualismo sorge perché l'agire tende a un risultato, alla realizzazione di uno scopo che si ha in mente. L'unica via per trascendere il dualismo del sé e dell'altro è di agire senza intenzionalità, senza l'attaccamento a un fine progettato. Svanisce allora quella frattura tra la mente che si prefigge una meta e il corpo utilizzato per ottenere quel risultato.
L'apparente paradosso del wei wu wei si risolve alla luce della non-dualità dell'agente e dell'azione oggettiva; solo nell'agire non-duale scompare il senso di consapevolezza dell'ego al di fuori dell'azione; risulterà a questo punto automatico l'adeguarsi al corso naturale degli eventi e alla spontaneità della natura.

Il wu wei, l'agire taoista, richiede la massima attenzione in ogni circostanza; la mente, hsin, termine che in cinese letteralmente significa cuore e che nell'antica Cina indicava l'organo di pensiero, deve essere perciò sgombra da qualsiasi interferenza che ne oscuri la lucidità, e viene così paragonata da Chuang-tzû a uno specchio che riflette chiaramente la realtà circostante:

«...L'essere umano realizzato usa la mente come uno specchio; non accompagna le cose come vanno o le accoglie come vengono, egli reagisce e non trattiene. Perciò è in grado di conquistare le cose senza patire una ferita...»

L'essere umano realizzato è il saggio, la cui mente riflette come uno specchio la situazione che si presenta di volta in volta senza trattenere le valutazioni che confondono la chiarezza di visione.
I riferimenti a hsin sono quasi tutti associati al saggio illuminato, la cui differenza dagli altri uomini risiede nell'uso della mente, nella sua capacità di rispettare lo spontaneo armonizzarsi della natura, in grado di praticare l'atteggiamento mentale del "sedere e dimenticare", consistente nel rimuovere quei pensieri che creano fratture tra l'essere umano e il corso naturale, tra l'Unità e la Molteplicità.

Il "dimenticare" o il "purificare la mente", renderla limpida come uno specchio, sono il solo mezzo attraverso cui si possa realizzare il wu wei, e così conformare se stessi alla spontaneità del Tao, evitando di stabilire distinzioni assolute e regole artificiose che fanno perdere di vista l'Unità del cosmo e la sua fitta rete di correlazioni, le quali, se rispettate, non possono non fare agire l'uomo nel modo migliore.

«...Così è detto del saggio: nella sua vita procede con il Cielo, nella sua morte si trasforma con le altre cose. Nella calma condivide il Potere di Yin, nel moto condivide l'impulso di Yang. Non si muove per primo per trarre vantaggio, non prende precauzioni per evitare guai: solo se stimolato reagisce, solo se spinto si muove, solo se è inevitabile si erge. Rifiutando la sapienza degli antichi, prende a modello il Cielo...»

Prima di reagire il saggio rispecchia ogni situazione com'è obiettivamente; come uno specchio quindi riflette solo il presente, non è saturo di informazioni trattenute dal passato con il rischio di rimanere intrappolato in atteggiamenti obsoleti; e non è neppure proteso verso il futuro, con l'intenzione di raggiungere una meta precedentemente stabilita. Il saggio allora non viene distratto da fuorvianti tensioni e percepisce ogni circostanza come nuova:

«...Kuan-yin diceva: "Non fermarti in posizioni fisse: le cose come prendono forma si manifestano. In moto sii come l'acqua, in quiete sii come uno specchio, rispondi come un'eco"...»


 

1 commento:

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